Le concrezioni
I colori nell’interno delle grotte sono abbastanza monotoni. Vi si trovano soltanto combinazioni di tonalità di grigio e di bruno, a volte vivacizzate dallo scintillio rossastro degli ossidi di ferro e di alluminio. Le concrezioni calcaree, stalattiti e stalagmiti, bianche e brillanti, sono pertanto messe in risalto in questo scuro scrigno e sono sempre state popolarmente collegate all’idea delle grotte nonché l’oggetto preferito dai fotografi. Ma oltre al loro aspetto decorativo, le concrezioni delle grotte hanno un eccezionale interesse scientifico: in un certo senso esse registrano l’evoluzione del sistema carsico, sono le preziose testimoni della sua storia.
Come descritto precedentemente, non tutte le grotte possiedono fenomeni di concrezionamento e inoltre, abbiamo visto che non è che l’ultima e non certo la più importante, fase nello sviluppo di una grotta.
Le concrezioni che siamo abituati a vedere sono composte da carbonato di calcio, come la roccia calcarea , ma cristallizzato in una forma cristallina detta calcite. Il carbonato di calcio può cristallizzare nelle grotte anche sotto un’altra forma, detta aragonite, che richiede però per formarsi condizioni del tutto particolari; i suoi cristalli piuttosto rari, si presentano come efflorescenze, o agglomerati di aghi.
Nelle grotte scavate nei gessi, non mancano invece i cristalli di gesso, di forma lanceolare, spesso di ragguardevoli proporzioni.
In certe grotte molto fredde, infine, se la temperatura interna è stabilizzata al di sotto dello zero, possono formarsi enormi quantità di ghiaccio sotterraneo, spesso purissimo e perfettamente trasparente che con l’andare del tempo cristallizza in grandi elementi esagonali. Stalattiti di ghiaccio (“ghiaccioli”) adornano i soffitti, e possono svilupparsi in immani colonne che si congiungono al pavimento. Nonostante le concrezioni di ghiaccio non abbiano carattere permanente, potendo sciogliersi o cambiare aspetto nel giro di pochi mesi; esistono grotte in cui il ghiaccio ha sicuramente qualche decina di anni, mentre in altre può essere il residuo delle ultime espansioni glaciali.
Quanto alle concrezioni di calcite, la loro diffusione è tale da richiedere una spiegazione più dettagliata.
L’acqua che percola attraverso le fratture si carica, come spiegato nelle pagine precedenti, di bicarbonato di calcio ottenuto dissolvendo il calcare della roccia, con l’intervento dell’anidride carbonica. Quando una goccia sbocca sul soffitto di una sala o di una galleria, si ritrova esposta all’aria libera, ossia in un ambiente le cui condizioni fisico – chimiche sono completamente diverse. Se per esempio la temperatura dell’aria è maggiore di quella dell’acqua, o se l’aria contiene meno anidride carbonica di quanta ne sussista nell’acqua, la quantità di bicarbonato che la goccia è in grado di contenere diventa minore di quella effettivamente vi è disciolta; la differenza deve necessariamente depositarsi, e ciò avviene rovesciando la reazione chimica, ossia:
H2O + CO2+ Ca2 Ca(HCO3 ) 2
Disciolto Ca(HCO3 ) 2 si deposita CaCO3 resta nella goccia H2O o evapora passa nell’aria
Il carbonato di calcio depositato cristallizza, disponendosi ad anello attorno al bordo della goccia, a causa della tensione superficiale. Quando la goccia cade, resta questo anellino di calcite; e goccia dopo goccia, anello dopo anello, si forma un tubicino, cavo all’interno e monocristallino e se l’ambiente è tranquillo continua ad allungarsi dall’alto verso il basso, e può raggiungere molti metri di lunghezza restando esilissimo: una stalattite (comunemente chiamato “spaghetto”).
formazione delle concrezioni più classiche. a) tubolare e stalagmite appiattita; quasi tutta l’acqua passa attraverso il canale centrale della tubolare; b) c) se il carico d’acqua supera la capacità di scorrimento di questo canale, una parte d’acqua scorre all’esterno e la stalattite si inspessisce; d) dopo che le stalattiti e le stalagmiti si sono congiunte, formano un’unica colonna dove è possibile distinguere ancora facilmente le due parti.
La stalattite può anche ingrossarsi, per scorrimento laminare dell’acqua sulla sua superficie; e così pure può continuare a crescere anche se il canaletto centrale si ottura.
Se la velocità di caduta delle gocce è molto elevata, la calcite non ha tempo di depositarsi sul soffitto; cristallizza allora attorno al punto di caduta sul pavimento, erigendo una stalagmite, che si accresce, al contrario della stalattite, dal basso verso l’alto.
Se la velocità di caduta delle gocce è intermedia, si formano sia una stalattite che una stalagmite, che possono crescere fino al punto di congiungersi formando una colonna.
Stalattiti e stalagmiti (vedi fig. 18) possono accrescersi nelle forme più varie; le stalattiti mantengono però in generale una forma sempre appuntita, mentre le stalagmiti sono più tozze e con estremità piatta o tondeggiante. Entrambe tendono ad allinearsi lungo le diaclasi, da cui percola l’acqua che le alimenta.
Il colore delle concrezioni di calcite dipende dalle inclusioni dei sali minerali che erano disciolti come impurezze nell’acqua generante: idrossidi di ferro e alluminio le colorano rossastro, il biossido di manganese in grigio o nero, la calcite purissima è perfettamente incolore e bianca, nelle masse di piccoli cristalli.
La deposizione di calcite da parte di veli d’acqua sulle pareti dà luogo a concrezioni parietali; veli d’acqua scorrenti sul pavimento inclinato formano colate concrezionali. Gocce che, prima di staccarsi dal soffitto, vi scorrono tortuosamente, depositano cortine o drappeggi, spesso traslucidi.
Un lievissimo velo d’acqua a livello del pavimento può, incontrando un piccolo rialzo, formare una vaschetta; se al bordo cristallizza un po’ di calcite, si forma una minuscola diga, e la vaschetta diventa stabile, innalzando i suoi orli sempre più (vaschetta concrezionale – “laghetto finlandese”, vedi fig.12). In genere le vaschette si trovano raggruppate lungo un pendio a terrazzi; a volte ampie, basse e lentamente digradanti, a volte strette, elevate, digradanti con salti bruschi.
Dove l’acqua satura di calcite ha modo di stagnare in perfetta tranquillità (vaschette o, interi ambienti completamente allagati), possono depositarsi lentamente monocristalli di calcite, che a volte tappezzano completamente le pareti. Anche le stalattiti preesistenti, ritrovandosi immerse in parte o del tutto sott’acqua, possono venire ricoperte da cristalli (stalattiti “a pannocchia” vedi fig. 19).
In condizioni particolari, che non sono ancora del tutto chiarite, ma che sembra debbano collegarsi alla presenza di correnti aeree lentissime trascinanti minutissime gocce d’acqua satura di bicarbonato di calcio nascono le stalattiti eccentriche, o anomale, esili traslucidi elementi monocristallini allungati che si sviluppano in tutte le direzioni, formando curve, serpeggianti, fiocchetti; diramandosi da stalattiti normali, biforcandosi o intrecciandosi fino a formare complicati grovigli.
Nelle conchette sui pavimenti percorsi da un velo d’acqua in rapido movimento, o nelle pozzette in cui l’acqua è perennemente rimescolata dallo stillicidio, si formano infine le pisoliti o perle di grotta. Si tratta di minuscole sfere di calcite, accresciutesi radialmente oppure a strati concentrici attorno ad un nucleo di materiale estraneo (granellino di sabbia, o addirittura un osso di pipistrello), che assumono forma sferica per il continuo sfregamento fra loro e col pavimento delle conchette. A volte straordinariamente levigate, possono invece saldarsi col pavimento o fra loro quando, accrescendosi il loro peso, l’acqua non è più in grado di farle rotolare.
Infine nelle grotte formatesi in terreno calcareo dolomitici non è raro efflorescenze di idromagnesite in piccoli laghetti.