I differenti livelli del massiccio carsico
I differenti livelli del massiccio carsico. 1) zona d’assorbimento, 2) zona di trasferimento verticale, 3) zona areata di trasferimento orizzontale, 4) zona allagata parmanentemente.
Si può suddividere il massiccio carsico in diverse zone , a seconda delle caratteristiche globali dello scorrimento dell’acqua e a seconda del tipo di fenomeno d’erosione che vi si incontra. Si tratta ovviamente di una suddivisione artificiale, che aiuta a comprendere i fenomeni senza aspirare all’universalità.
La zona di assorbimento
Con questo termine si intende la zona in cui il massiccio carsico è soggetto alle influenze esterne. E’ quindi la zona che dipenderà più strettamente dalle condizioni climatiche: le forme carsiche perciò varieranno da una regione all’altra. Descriviamo qui di seguito la forme più comuni.
Produzione di anidride carbonica
Quasi tutta l’anidride carbonica che permette la dissoluzione della roccia si produce a questo livello. Nella zona di assorbimento, quindi, i fenomeni di dissoluzione sono molto intensi; si è potuto infatti dimostrare che in numerose regioni circa la metà dell’erosione carsica avviene proprio in questa zona. La roccia viene letteralmente corrosa e rimangono delle forme molto caratteristiche (frammenti irregolari rocce forate ecc.). Queste forme a volte vengono alla luce in seguito alla scomparsa della copertura vegetale.
Morfologia dei grandi condotti
La morfologia delle fratture non verrà trattata in questo paragrafo, poiché esula dal campo di osservazione dello speleologo. Non deve far dimenticare però la sua importanza, sul piano idraulico o idrochimico.
La forma dei punti di assorbimento concentrato dipende dal regime idraulico e dalle condizioni climatiche. Nelle regioni temperate umide e di scarsa altitudine, il carso è ricoperto da vegetazione. Si formano dei piccoli corsi d’acqua che scorrono per alcune centinaia di metri prima di scomparire in fondo a una dolina. Tale dolina può raggiungere dimensioni molto grandi. L’acqua prosegue il suo cammino sotto terra attraverso un reticolo attivo, più o meno verticale, a seconda della topografia regionale.
Nelle zone montagnose, innevate per molti mesi dell’anno, la vegetazione è molto più scarsa. La roccia appare più o meno ovunque fratturata. Siamo in presenza di un campo solcato. Qui i corsi d’acqua superficiali sono molto brevi. L’acqua piovana scompare rapidamente nelle fessure.
Quando c’è abbastanza manto nevoso si sviluppano dei pozzi a neve (vedi fig. 10). E’ la grande abbondanza di questi inghiottitoi, spesso ostruiti dalla neve, che rende affascinanti e insieme difficili le esplorazioni in alta montagna. L’azione del gelo diventa molto evidente a una maggiore altitudine. Le rocce calcaree sono leggermente porose e si spaccano in piccole scaglie che otturano le fessure (si parla di gelifrazione o anche di crioclastismo). In queste regioni troviamo più raramente abissi spettacolari; la loro altitudine, d’altra parte è spesso disincentivante per uno speleologo.
La formazione dei pozzi a neve. 1) formazione di un nevaio in un avvallamento del rilievo, spesso su un giunto di stratificazione, 2) l’acqua di fusione attacca la roccia e il nevaio sprofonda, 3) sotto il nevaio appare un deposito di terra, 4) il drenaggio si concentra a appaiono sulle pareti delle scanalature, 5) formazione di un pozzo-meandro, 6) erosione regressiva e comparsa di nevaio sovrapposti.
L’epicarsismo
Gli orizzonti superficiali del carso formano un ambiente particolare per le sue proprietà idrauliche. In questa zona le fessure aperte sono più numerose e inoltre parecchie di queste fratture sono state allargate da una dissoluzione molto forte che opera alle radici. I vacui sono perciò moltissimi. Questo fenomeno si osserva facilmente sui fronti di cave o sulle trincee aperte per la costruzione di nuove strade.
Grazie alla sua eccezionale porosità, questa zona può accumulare grandi quantità d’acqua. L’acqua è sottoposta a evaporazione e la sua concentrazione di sali disciolti aumenta durante l’estate. Inoltre, la sua capacità di ritenzione la rende adatta a fare da zona cuscinetto per le precipitazioni. Dopo una lunga stagione secca, le prime piogge vengono assorbite e immagazzinate dall’epicarso, senza provocare grosse piene.
Zona di distensione meccanica
La fascia vicina alla superficie topografica contiene molte fessure aperte, dato che gli sforzi in questa zona sono abbastanza deboli. Questo è l’unico posto in cui si possono usare i chiodi a fessura, che sono invece del tutto inutili in fondo all’abisso. Alcune di queste fessure formano dei veri e propri reticoli penetrabili.
La zona di trasferimento verticale
E’ il campo preferito dagli speleologi sportivi: quello in cui dominano i pozzi. La sua importanza dipende naturalmente da quella del rilievo topografico, visto che questa zona non può svilupparsi al di sopra del livello delle risorgenze.
Morfologia dei condotti attivi
La forma più tipica è quella dei pozzi a “campana”, cioè pozzi che tendono ad allargarsi verso il basso partendo da una bocca che può essere molto stretta. Le pareti sono lisce, a volte solcate da profonde scanalature verticali, come quelle dei pozzi a neve. Queste scanalature provano che l’erosione è prodotta in gran parte dall’acqua che scorre sulle pareti.
Spesso questi pozzi si concatenano, separati da pochi metri di stretti meandri. Questi spesso presentano delle piccole mensole la cui pendenza è a monte del reticolo (banchine “montanti”). Le mensole si formano probabilmente per erosione regressiva alla base dei pozzi.
In questi condotti l’erosione è di gran lunga superiore al riempimento. Le concrezioni e i depositi sedimentari sono rari. Al contrario, fioriscono forme d’erosione molto spettacolari dovute sia alla corrosione chimica, sia all’attrito di particelle trascinate dall’acqua (sovraescavazione, scallops, marmitte dei giganti ecc.). Tali forme d’erosione stanno a dimostrare l’importanza del lavoro delle acque correnti che possiedono una grande energia cinetica.
I condotti inattivi
Nella zona di trasferimento verticale si trovano anche moltissimi condotti non percorsi dalle acque (chiamati spesso, impropriamente, “fossili”). Si può trattare di antichi pozzi o di antiche gallerie orizzontali. Queste ultime sono quasi sempre ingombre da ghiaia e concrezioni.
Accumuli di frana si hanno lungo tutto lo sviluppo, dovuti ai crolli di volta quando la portanza diventa troppo grande. Finché l’acqua circola con una grande portata, riesce a trasportare la maggior parte dei blocchi sotto forma di ciottoli o dopo averli disciolti. In assenza di flussi importanti, le ghiaie si accumulano formando dei coni al centro dei grandi ambienti sotterranei.
Il riempimento chimico delle cavità (da parte delle concrezioni) segue pressappoco la stessa evoluzione. I condotti attivi, spazzati dalle piene, contengono solo poche concrezioni che presentano a volte tracce di erosione. Per contro, i condotti inattivi sono quelli in cui le concrezioni abbondano, soprattutto in prossimità della superficie, sotto una copertura vegetale.